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Il Lunedì dell’Inquilino

Quando una sera viaggiando su un treno di Alessandra Merico


Sono riuscita a salire sull’ultimo treno che mi porterà a Bologna, il giorno ormai è finito da un pezzo e io mi accascio su una poltroncina di un vagone qualsiasi, dopo aver corso per circa due chilometri con il mio trolley piccolo, ma super strategico, perché ero in ritardo. Tutto mi annoia. Ogni cosa non sopravvive alla mia attenzione per più di qualche secondo, poi si spegne. Ad un certo punto metto a fuoco la signora seduta di fronte a me, ha una maglia gialla molto appariscente che fascia il suo armonioso corpo in evidente sovrappeso e lo sguardo di chi conosce la solitudine, la osservo addentare un cetriolo alle dieci di sera, senza preoccuparsi di pulirsi dopo, per poi attaccarsi al telefono per un tempo che a me sembra interminabile parlando in una lingua incomprensibile. Poi finalmente il silenzio.

Provo a chiudere gli occhi per dormire un pò ma lei mi precede, si addormenta e russa sonoramente. Molto sonoramente. È così sciatta da essere affascinante. Lei è la verità, è tangibile, stringe la borsa tra le mani anche nel sonno. Ora si è svegliata, si mette gli occhiali con ancora l'adesivo sulla lente e cerca in borsa qualcosa, inizio a ipotizzare delle teorie sulla sua vita e a questo punto lei tira fuori dal borsone dei cioccolatini enormi e molto colorati, mi afferra le mani e mi obbliga a prenderli. Sbiascica qualcosa sul fatto che sembro triste e deperita. Bah. Poi mi racconta la sua storia, così, in modo del tutto inaspettato. Forse aveva sentito i miei pensieri, le mie supposizioni, e voleva dirmi: “Guarda esisto davvero io, puoi chiedere, non c'è bisogno di sognare, se vuoi la verità". È russa di Mosca. Ha una figlia che avrà la mia età, dice, che abita all'isola d'Elba. Mi chiede perché io e sua figlia non facciamo un figlio. Attonita le chiedo spiegazioni e lei dice che non capisce le ragazze di oggi. Io provo a spiegarle che per fare un figlio bisogna aspettare la persona giusta, lei ride, mi guarda e dice: " Puoi anche cercarla per tutta la vita la persona giusta. Tu devi dividere, amore e vita. L'amore non è vita. Tu devi fare un figlio per te poi pure che mandi a fanculo lui, trovi un altro." Improvvisamente il libro immaginario di Cenerentola va a fuoco nella mia testa.

"Io a Mosca negli anni 90 non avere niente. Se non conoscere quello del negozio non mangiare. Voi dite crisi? Voi non sapete cos'è non mangiare. Questa no crisi. Ho cresciuto bambina senza avere niente e no paura. Oggi uomo italiano vive col ciuccio fino a quarant’anni." Cerco di farle capire che ho altri progetti per il momento, come il lavoro ad esempio, ma lei subito mi ferma: "Io fare tre lavori e fare anche mamma, tu non puoi?" Difficile opporre resistenza a tanta forza, fascino e determinazione. No, non lo faccio un figlio con uno scelto così, a caso, volevo dirglielo, ma ce n’era davvero bisogno? La guardo negli occhi neri, grandi, pieni di cose e le chiedo di Mosca, le faccio domande sulla sua vita, lei parla e continua a darmi cioccolatini che lascio scivolare nella tasca senza che lei se ne accorga perché proprio non mi va di mangiare. E alla fine la ringrazio, per avermi raccontato quelle cose, per avermi preso le mani così all'improvviso e per avermele riempite di cioccolata e di storie vere, private.

Il treno si ferma e io devo scendere, lei prosegue. Uno sguardo, un addio silenzioso, ma a nessuna delle due questo sembra far paura. Mi sorride ed io sorrido a mia volta.



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